#piccoli cambiamenti
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pier-carlo-universe · 24 days ago
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Anno Nuovo, Vita Nuova? Opportunità e Riflessioni per Iniziare il 2025. Un Inizio per Cambiare e Guardare al Futuro con Speranza
Ogni anno nuovo porta con sé l’idea di un nuovo inizio, un’opportunità per riflettere sul passato e pianificare il futuro. Ma quanto di questa visione si traduce realmente in azioni concrete? L’espressione “Anno nuovo, vita nuova” è ricca di speranza, ma
Ogni anno nuovo porta con sé l’idea di un nuovo inizio, un’opportunità per riflettere sul passato e pianificare il futuro. Ma quanto di questa visione si traduce realmente in azioni concrete? L’espressione “Anno nuovo, vita nuova” è ricca di speranza, ma richiede anche impegno, determinazione e, spesso, piccoli passi verso grandi cambiamenti. Questo articolo esplora il significato di questa…
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abr · 1 year ago
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Breve storia del clima.
In epoca romana, dal 250 a.C. al 450 d.C., la temperatura era di almeno 2ºC più alta di oggi (i più nerd tra i medioman vi diranno che c'erano variazioni, senza rendersene conto confermando la tesi: le variazioni climatiche avvengono "da sole" non certo per colpa dell'uomo. I più fessi, quelli che non sapendo leggere ma solo ubbidire chiedono "le fonti?", sostengono che i romani aumentarono la CO2 ... bruciando legna. La fonte? ndr).
Era un periodo di riscaldamento globale. La popolazione è aumentata (...). L'agricoltura del clima caldo poteva essere intrapresa in aree a latitudini e altitudini molto più elevate di adesso. (La vite in Inghilterra, ndr). Questo riscaldamento non poteva essere dovuto alle emissioni umane di CO2.
Seguirono i secoli bui. Questo è stato un periodo di freddo pungente di fallimento dei raccolti, carestia, malattie, guerra, spopolamento, espansione del ghiaccio e aumento del vento. (...) Bande assassine di rifugiati climatici vagarono per l'Europa in cerca di prede. Civiltà come i Maya crollarono.
Il successivo riscaldamento medievale (900-1300 d.C.) fu un periodo (positivo) per la vita sulla Terra. Le calotte glaciali, i ghiacciai e il ghiaccio marino si contrassero, consentendo l'esplorazione e l'insediamento del mare ad alte latitudini. Colture di cereali, bovini, ovini, fattorie e villaggi furono stabiliti in Groenlandia, almeno 6ºC più calda di oggi.
Sebbene ci sia stato un periodo freddo di 40 anni nel riscaldamento medievale (i clcli del clima che cambia COSTANTEMENTE, ndr), i fallimenti dei raccolti e la carestia erano rari. La popolazione aumentò (...). La ricchezza creata (...) è stata utilizzata per costruire cattedrali, monasteri e università. Il riscaldamento medievale era globale. Ancora una volta il riscaldamento non poteva essere dovuto alle emissioni umane di CO2.
La piccola era glaciale iniziò alla fine del XIII secolo con una diminuzione dell'attività solare. La piccola era glaciale è stata caratterizzata da un clima rapidamente fluttuante, e periodi straordinariamente freddi durante l'inattività solare: (1280-1340, 1450–1540, 1645–1715 e 1795–1825). Faceva molto freddo (i carri dei rifornimenti a Venezia potevano passare sulla laguna ghiacciata d'inverno, ndr). È stato un cambiamento climatico globale. C'era il fallimento del raccolto, la carestia, la malattia (peste nera, peste manzioniana, ndr), la guerra e lo spopolamento.
Ci fu uno spaccamento sociale (rivoluzione francese). I prezzi del cibo aumentarono nei periodi di debole attività solare. I vichinghi in Groenlandia si estinsero. Non era un buon momento per vivere. La piccola era glaciale terminò nel 1850 e da allora c'è stata una tendenza al riscaldamento con periodi più freddi (1940-1976 e 1998-2005). Storia, archeologia e geologia dimostrano che attualmente viviamo in un clima interglaciale e variabile.
I cambiamenti che possiamo osservare con la strumentazione moderna sono molto piccoli. Sia i tassi che l'entità del cambiamento climatico sono inferiori ai cambiamenti negli ultimi 1000, 10.000 o 100.000 anni.(...) La storia e l'archeologia ci mostrano che il raffreddamento globale provoca siccità, sconvolgimenti sociali, migranti climatici, carestie, malattie, guerre, spopolamento, collasso di civiltà ed estinzioni di piante e animali. Le grandi civiltà prosperarono in tempi caldi. Viviamo nei tempi migliori che gli esseri umani abbiano mai avuto sul pianeta Terra.
Siamo l'unica generazione di umani a temere un clima caldo! Il riscaldamento globale ci ha sempre reso più ricchi e più sani. La storia è li a ricordarcelo ma, come la matematica e le scienze, oggi non si studia più.
via https://twitter.com/climacritic/status/1738157567820312714
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io-confesso · 10 days ago
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La terza cliente è più grande di me di sei anni. Single e in odore di cambiamenti. Ridimensiona la sua casa riducendo le superfici e strutturandola sulle sue attuali esigenze. Mi coinvolge e pian piano entriamo in sintonia. Sono rapporti belli quelli che si instaurano spesso con in clienti soprattutto se c’è sintonia caratteriale. Non li ritengo più clienti in senso stretto, inizialmente ci uniscono motivi professionali ma spesso si trasformano in legami veri e sinceri.
Le sono vicina, gentile premuroso ed educato ma senza mai uscire dal rapporto professionale. Lei mi riserva piccole attenzioni ma nulla di più. E’ giusto creare un cuscinetto di protezione al cliente che spesso, sopratutto quando non ha il supporto di un compagno e di un’altra figura vicina, si trova ad affrontare difficolta e sconforto durante il percorso dei lavori. Finalmente arriviamo alla fine e tutto termina bene. Ora ci si può rilassare ed una sera andiamo a cena ma ancora resta solo un rapporto piacevole ed amichevole. Un giorno mi chiede di aiutarla a coordinare sulla parete un ventina di piccoli quadretti. Una composizione da comporre alla parete del letto a cui tiene molto e che le piacerebbe rendessero al meglio.
Con entusiasmo e pazienza ci impegnano a sceglierli, ad accostarli e ad appenderli. Mezzo pomeriggio di piacevole lavoro. L’ultimo atto con cui si concluderà il lavoro. Ormai siamo in sintonia, ultimo quadro da appendere, Fatto.
Siamo in camera da letto, come concludere un lavoro lungo mesi se non abbracciandoci orgogliosi sopratutto dell’ultimo atto conclusivo? Ci abbracciamo con un pò di imbarazzo, non lo avevamo mai fatto; Il nostro modo di relazionarci è sempre stato molto sobrio. Il suo seno mi si appoggia al corpo, ne sento la morbidezza, affondo il mio viso sull’incavo del collo e assaporo per la prima volta il suo calore i suoi odori da così vicino . La stringo a me, lascio scivolare le mani prima sulla schiena poi sul suo culo, lo stringo, lei non mi respinge. Mi allontano e le guardo il viso, la bacio. Il letto e lì al nostro fianco, ci lasciamo scivolare abbracciati. Da quel pomeriggio di amore, delicatezza e sesso ci siamo visti tante altre volte ma poi ci siamo allontanati. Forse lei avrebbe voluto molto di più da me ma io sono un fuggito deludendola.
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lunamagicablu · 5 months ago
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A volte la vita può sembrare un po' "grande". Un po' opprimente. Soffocante. Possiamo avere la sensazione di dover attraversare ponti enormi o spostare montagne gigantesche. E a volte sembra che un ponte sia troppo lontano e una montagna troppo alta. Ma ricorda... Nessuno attraversa un ponte senza prima fare qualche passo. E nessuno sposta una montagna senza prima spostare qualche pietra. Ogni grande lavoro è fatto di tanti lavori più piccoli. Inizia in piccolo. Le piccole voci creano grandi cambiamenti se non si arrendono. I piccoli passi percorrono lunghi viaggi se continuano ad andare. E piccoli mattoni possono costruire enormi torri se ce ne sono abbastanza. Quindi inizia in piccolo. E un giorno - senza rendertene conto - potresti scoprire di essere a metà del ponte o di aver spostato mezza montagna. E potresti scoprire che la vita è diventata un po' più "piccola". Un po' meno opprimente. E sarai in grado di stare su quel ponte per un momento. Stai con la montagna per un minuto. E potrai respirare. Becky Hemsley 2023 by Pierpaolo *************************** Life can feel a little 'big' sometimes. A little overwhelming. Suffocating. We can feel like we have huge bridges to cross or giant mountains to move. And sometimes it seems as if it's a bridge too far and a mountain too high. But just remember... No one crosses a bridge without first taking a few steps. And no one moves a mountain without first moving a few rocks. Every big job is made up of lots of smaller ones. Start small. Small voices create big change if they don't give up. Small footsteps walk long journeys if they keep going. And small bricks can build huge towers if there are enough of them. So start small. And one day - without realising - you might find that you're halfway across the bridge or that you've moved half the mountain. And you might find that life has become a little 'smaller'. A little less overwhelming. And you'll be able to stand on that bridge for a moment. Stand with the mountain for a minute. And you'll be able to breathe. Becky Hemsley 2023 by Pierpaolo 
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falcemartello · 1 year ago
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In 150 anni la TGm si è alzata di 1,2 °C, cioè meno di un centesimo di gradi l'anno.
Ora ditemi che voi avete sentito l'aumento quest'anno, su ditelo.
Se riesci a convincere la gente che la CO2 è inquinamento, non esiste attività umana che non comporti emissioni di CO2, compreso vivere, compreso morire.
Allora finirà sotto il controllo normativo delle persone che affermano di salvarci dall'inquinamento."
Giornali e TV "Il settembre più caldo di sempre!"
Scusate, i dati ufficiali NOAA mostrano che dal 2015 non c'è nessun aumento della TGm. I giornali che ne sanno!
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La cosa sconvolgente è che da nessuna parte nei rapporti @IPCC_CH il cambiamento climatico viene definito “crisi esistenziale globale” o addirittura “emergenza”.
Queste affermazioni compaiono solo sui media. Purtroppo gli scienziati IPCC non le correggono!
L'emergenza climatica in sintesi:
1)Utilizzare strumenti moderni per effettuare misurazioni straordinariamente precise dei processi naturali.
2) Osservare piccoli cambiamenti nella velocità e nell'entità di questi processi.
3) Disegnare alcune linee di tendenza.
4) Attribuire tutti i cambiamenti alle emissioni di gas serra di origine antropica.
5) Dichiarare che c'è un'emergenza.
6) Rimescolare e partire daccapo.
Fortunato Nardelli
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emotivamentespenta · 3 months ago
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Sono in un periodo della mia vita in cui i cambiamenti sono all'ordine del giorno.
Lavori nuovi, esperienze nuove, semplicemente sto crescendo.
Oggi mi sono capitate tante foto risalenti all'anno in cui è morto mio padre...ho sentito tutte le emozioni di quei mesi, perché il mio sguardo parlava al posto mio.
I miei occhi sembravano tanto più piccoli, non brillavano più nel loro verde/grigio/azzurro, erano semplicemente spenti, pieni di paure, sofferenza. Mi sentivo così annientata, in colpa quando qualcosa mi faceva ridere fino alle lacrime, come se l'unico motivo che avessi per versare lacrime fosse il dolore.
Per tanto tempo mi sono dimenticata che si poteva essere felici, mi sono fermata dentro la morte, convinta di non meritare niente.
Ad oggi dopo più di 6 anni mi permetto di ridere di cuore, di essere la parte gioiosa del gruppo, perché non sono morta quel giorno, ho solamente perso un pezzo di cuore, che ogni giorno cerco di trovare dentro a tutte le cose belle che mi accadono, perché lo so che mi viene donato tutto dall'amore che mio padre ha ancora per me nonostante il cielo che ci divide.
Ma si sa, è pur sempre lo stesso cielo.
E io come regalo per il mio papà ma anche per me stessa non posso che decidere di essere felice, pure se a volte le scelte da prendere fanno male.
Detto ciò, mi vado a preparare per l'ennesimo colloquio, confidando che vada bene.
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ragazzoarcano · 2 years ago
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Kaizen
Cerca sempre di migliorare in tutte le aree della tua vita.
Anche piccoli cambiamenti possono sommarsi e avere un grande impatto nel tempo.
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mezzopieno-news · 7 months ago
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IN ECUADOR SCONFITTA LA SICCITÀ GRAZIE ALL’ANTICA ECOIDROLOGIA INDIGENA
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Catacocha, una piccola città nel sud dell’Ecuador, ha risolto il problema della siccità utilizzando un antico sistema di raccolta dell’acqua piovana di epoca Palta, gli indigeni dell’era preincaica. Situata in una provincia arida con piogge limitate ai mesi di gennaio e febbraio, negli anni recenti Catacocha ha affrontato ulteriori difficoltà a causa dei cambiamenti climatici. La svolta è avvenuta grazie a Galo Ramón, uno storico locale, che ha riscoperto e implementato questo sistema idrico tradizionale.
Nel 2005 la comunità ha ricreato il sistema di lagune artificiali sul Cerro Pisaca, imitando le 250 lagune che i Palta costruirono oltre mille anni fa. Questo metodo ha permesso di stoccare l’acqua piovana, garantendo risorse idriche sufficienti per agricoltura e allevamento per tutto l’anno. Ramón ha scoperto il sistema indigeno durante una ricerca su documenti del 1680 riguardanti una disputa fondiaria tra Coyana e Catacocha. Le lagune dei Palta, descritte in questi documenti, sfruttavano la permeabilità del terreno e la “linea del verde” visibile nei periodi secchi per individuare le falde acquifere. La Fundación Comunidec, guidata da Ramón, ha aiutato la comunità a riabilitare le due lagune principali e a costruirne altre 248 in cinque anni. Queste lagune non solo raccolgono l’acqua piovana ma la gestiscono attraverso piccoli muri di contenimento per ricaricare le falde acquifere.
Il successo del sistema ha portato l’UNESCO a includere l’area nella lista dei siti dimostrativi di ecoidrologia nel 2018, evidenziando la capacità delle lagune più vicine al Cerro Pisaca di stoccare fino a 182.482 metri cubi di acqua.
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Fonte: Fundacion Comunidec; Unesco; Mongobay; foto di Pexels
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mynameis-gloria · 2 years ago
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Durante il periodo del covid (ben due anni fa) causa mascherine e la loro composizione, lavoro, stress e chissà forse proprio per il periodo in sè, la mia pelle del viso aveva subito cambiamenti, negativi. Non avevo mai sofferto di acne, brufoli, cisti e segni, e questo mi ha creato disagi più estetici e mentali che di salute, ricorrendo a visite dermatologiche per comunque capirne la causa (dette sopra) e soprattutto come rimediare. Devo dire che ho trovato subito la pareri competenti e la giusta cura e da qui a due anni, pian piano e con la dovuta pazienza e accuratezza, ho notato grandi miglioramenti. Ho iniziato a prendermi cura in maniera diversa della mia pelle, tra skincare, routine e nuove abitudini. E i risultati li ho visti!
Da qualche mese però ho voluto provare questa linea di integratori alimentari completamente naturali, un pò per curiosità (ed il mio buon lato cinico) ed un pò perché era la prima volta nel magico mondo degli integratori, dato che non ne ho mai assunti!Posso dire che mi ha stupito e sorpreso e che sicuramente questi mesi hanno contributo al miglioramento della mia pelle delicata e sensibileee. Oltre alla cura di per sé, mi piace com'è organizzata e gestita, il loro packaging, il servizio ma soprattutto i principi attivi che usano, e no non mi sta pagando nessuno, sto scrivendo un papiro così perché mi va, che stamattina mi sono svegliata ispirata per condividere questo mio aspetto ed esperienza, e mannaggia a loro che nemmeno vedranno questa mia dote, non sarei male come loro Ambassador eh? Si dice così no? nel mondo social :)
Battute e ironia a parte, in tre mesi ho visto miglioramenti più rapidi ma soprattutto una luminosità che prima non avevo! E ne sono felice. Per tutti questi piccoli traguardi che sto raggiungendo sul mio corpo e sulla mia persona.
Non è facile e ci vuole pazienza, ed è bello perciò ogni tanto soffermarsi, tornare sui passi fatti, guardarsi ed essere orgogliosi.
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Inutile scrivere quale sia il prima :)
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tizianacerralovetrainer · 1 year ago
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Tu hai il diritto di andartene da qualsiasi situazione in cui non ti trovi.
Hai il diritto di abbandonare qualsiasi storia in cui tu non ti piaci.
Hai il diritto di andartene da quella città che spegne la tua luce; hai il diritto di fare le valigie e di iniziare daccapo in un altro posto.
Hai il diritto di piantare il lavoro che odi, anche quando tutto il mondo dovesse consigliarti di non farlo. Hai il diritto di cercare ciò che ti stimoli di alzarsi dal letto al mattino, fino alla fine della vita.
Hai il diritto di lasciare colui che ami, se ti tratta male. Hai il diritto di mettere te stessa al primo posto, se non cambia mai nulla.
Hai il diritto di rompere con i cattivi amici. Hai il diritto di circondarti dall'amore, dalla gente che ti ama e ti sostiene. Hai il diritto di prendere quell'energia di cui hai bisogno nella vita.
Hai il diritto di perdonarti per gli errori piccoli e grandi, hai il diritto di essere buona con te, di guardarti allo specchio e di piacerti.
Hai il diritto di liberarti dalle tue stesse attese.
A volte pensiamo che abbandonare qualcosa significa arrendersi, calare le braccia. A volte andarsene è la cosa migliore che potresti fare per te.
Questo ti permette di cambiare il vettore della vita, di iniziare daccapo, di scoprire il mondo e te stessa.
A volte abbandonare significa non restare imprigionati in un posto sbagliato e con le persone sbagliate.
Andarsene: aprire le porte ai cambiamenti, alla crescita, alla liberazione.
Hai sempre la possibilità di andartene, finché non troverai il tuo posto e ciò che ti rende felice.
Hai persino il diritto di abbandonare te stessa del passato, e di crearti daccapo.
[Dal web]
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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Storia di un Fiocco: La magia della natura e il ciclo dell’acqua raccontati ai più piccoli. Recensione di Alessandria today
Un viaggio delicato e poetico nella fragilità della neve e nella meraviglia delle trasformazioni naturali, a misura di bambino
Un viaggio delicato e poetico nella fragilità della neve e nella meraviglia delle trasformazioni naturali, a misura di bambino. Storia di un Fiocco è un incantevole racconto per bambini, scritto da Eleonora Traverso e illustrato da Michele Bosco, che invita i più piccoli a esplorare la bellezza e la transitorietà della natura attraverso gli occhi curiosi di un bambino. La storia inizia quando un…
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abr · 1 year ago
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L’Italia l’Italia è un “paese fantastico e gli italiani straordinari” ma “dovete fare più figli“. Sono le parole pronunciate dal Patron di Tesla, Elon Musk, sul palco di Atreju a Roma. (...)
L’imprenditore nato in Sud Africa naturalizzato statunitense ha spiegato la sua visione sull’immigrazione. (...) Secondo il magnate occorre “dare il benvenuto a chi arriva, è onesto, vuole entrare a far parte della cultura e lavora duro ma (...) se “non c’è nessun filtro come fate a sapere chi sta arrivando?”. “Non sto dicendo che tutti gli immigrati illegali siano criminali (...) ma bisogna avere un processo, altrimenti non si può sapere”, ha aggiunto.
Il primo costruttore mondiale di auto elettriche ha dichiarato di essere ambientalista ma di non demonizzare petrolio e gas. “Ho l’impressione che stiamo esagerando (...) sui cambiamenti climatici“. Musk ha inoltre criticato gli ambientalisti per far perdere “la fiducia nel futuro”. “Dobbiamo continuare ad avere speranze” ha aggiunto.
Secondo il magnate, l’Unione europea si è dotata di una mole eccessiva di regolamentazioni. “Più una società è stabile, più tende ad accumulare regole col passare del tempo”. Il rischio, ha spiegato Musk (...) “è che col tempo tutto diventi illegale.
“Le regole sono come tanti piccoli fili, che alla fine immobilizzano un gigante. Credo sarebbe necessario un meccanismo che rimuova regole, regolamenti e leggi” anziché limitare a sommarne di nuove a quelle già in vigore.
Pensiero semplice, diretto, di buon senso e positivo sui massimi temi e con cui mi trovo molto in sintonia (e le guerrette regionali manco si menzionano: quelle non hanno mai influenzato davvero i veri driver socioeconomici, con buona pace di Poutaine e Zekkelensky).
Anni luce dai distrattoni a comando, dai mentecatti woke ma anche dalle prefiche che bisogna combattere l'Occidente ... perché sta eliminando i valori dell'Occidente (i famosi "bei pirla", quote V.Feltri).
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frittamista · 3 months ago
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HO UN PENSIERO LABIRINTICO
Quando diventiamo adulti, che sia per auto consapevolezza o un’aiuto psicologico, o un’aiuto attraverso le relazioni con gli altri, guardando il nostro vissuto sino a quel momento tendiamo a ritornare all’origine per capire dove sia stato l’intoppo, il blocco o per fare pace col senso di vuoto che ci incatena al nostro limite umano. Insomma, qualsiasi siano i motivi o le sensazioni che ci creano domande, cerchiamo un colpevole perché non ci siamo fatti su da soli. Qualcun altro ha contribuito alla nostra crescita, a farci Noi. Ripeschiamo i volti primari della nostra infanzia, le prime mani che ci hanno toccato, i primi odori identificativi che ci ricordavano quel luogo caldo all’interno del grembo vitale prima di gettarci nel mondo. E allora ecco che “mamma, papà avete fatto un po’ di disastri” mentre cercavate di sistemare, di fare del bene, avete impicciato e stretto nodi; avete districato anche ma al capriccio successivo avete stretto più forte il nodo. Ma questo non basta a rispondere a certi irrisolti interni. Non basta perché loro hanno fatto quello che hanno potuto. E ad oggi, avete fatto anche oltre quello che potevate fare, calcolando il vostro punto dí partenza. Allora la colpa è del primo stronzo che mi ha masticato il cuore, giocato con la mia bontà e lasciato al lato della strada umiliandomi. O forse no, è di quell’amica che mi ha smerdato davanti a tutta la scuola evidenziando le mie insicurezze. Ma vaglielo a spiegare al cuore che il dolore non è eterno e che è stato creato per un motivo, che sarà la tua bussola, che tu ci sarai per lui e lui ci sarà per te. No, no. La colpa è la mia. Che sto qui, mi crocifiggo l’anima e pretendo che mi venga dato ciò che ho chiesto. Che poi cosa ho mai chiesto? Allora io non voglio più parlare di colpe, di assassini, di vittime, di buoni o cattivi, di innocenti. Io voglio solo responsabilità. Forse dobbiamo rivendicare il diritto di assumerci la responsabilità nei confronti del(nostro) mondo. Che la vita è una già ce lo hanno detto. Che non è detto che ci si diverta più di tanto in questa vita, pure. Ma che possiamo riscoprirla, questo nessuno ce lo dice. Che possiamo scoprirci nuovi o sempre gli stessi ma di più. C’è la cesura della bellezza da queste parti. Il sipario sui sogni lasciati nei cassetti. Non c’è l’Uomo ma la cosa, il problema, il sintomo. Che sia maledetta 100 vite se divento persona meccanica e calcifico sto cuore. Che sia maledetta ancora, se divento anche io una di quelle che “lavora per dare consigli a pagamento”. Non ci sono tante colpe una volta guardato in faccia il mostro che tanto ci impauriva da piccoli. E le risposte facili, insieme allo scarico di responsabilità non porta mai profondi cambiamenti. Non è detto che un percorso teologico, o spirituale sia meglio di quello psicologico o altro. Se la meta sei Tu. Se questo cammino è per arrivare a te, se ne senti il bisogno. Sennò non è un problema se ci basta sapere di esistere senza farsi la malattia della ricerca di senso.
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automatismascrive · 5 months ago
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Unrestrained summer fun: Boku no Natsuyasumi 2: Umi no Bouken-hen e Summer Vacation 1999
L’estate è la mia stagione preferita! Mi rendo conto che l’incessante aumento delle temperature potrebbe contribuire in un immediato futuro ad un rimescolamento della classifica, ma per ora i gelati, le cicale e la possibilità di adagiarmi settimanalmente sul fondo di un fiume le permettono di guadagnarsi il primo posto senza troppa fatica; mi sembrava dunque interessante segnalare in questo periodo un paio di cosine interessanti per chi ha un debole per l’atmosfera calda, inebriante e statica di certe giornate estive cittadine ma non solo. Anzi, in realtà la mia idea originaria sarebbe stata di confinare il tema del consiglio di oggi all’affascinante microgenere dei summer timeloops, del quale l’iconico Kagerou Daze è un esempio perfetto, ma alla fine mi sono presentate nel corso di questi mesi due esperienze così radicate nella stagione in cui si ambientano le loro rispettive narrative – e soprattutto così belle! – che non ho potuto fare a meno di raccoglierle in questo post.
Ma di quali esperienze sto parlando esattamente [domanda retorica che mi permette di spezzare un paragrafo vicino ad acquisire lo status di wall of text]? Beh, intanto di un videogioco per Playstation 2 che può vantare un’importante fanbase giapponese e una piccola fetta di appassionati occidentali (nonché giuoco apparso regolarmente sul mio blog principale per i Veri Fan che mi seguono anche lì), ma anche di un film ambientato in un futuro alternativo degli anni ottanta in cui tutti i protagonisti sono interpretati da ragazze e scrivere molto velocemente su un computer a schermo verde è considerato C Y B E R P U N K. Che cosa state aspettando? Iniziamo!
Boku no Natsuyasumi 2: Umi no Bouken-hen
Nel 1975 Boku ha nove anni e sua madre decide di spedirlo dai suoi zii per tutto il mese di agosto in previsione del suo parto imminente per non avere pargoli tra i piedi; la destinazione è la campagna della prefettura di Yamanashi, ricca di possibilità per un bambino appassionato di battaglie tra insetti, esplorazione e soprattutto la proficua attività dell’immischiarsi negli affari degli adulti che è com'è giusto e sacrosanto tanto cara a tutti i più piccoli
Solo che la destinazione non è davvero la prefettura di Yamanashi, bensì un villaggio di mare sulla costa ovest del Giappone, perché questo non è il primo Boku no Natsuyasumi, ma uno dei quattro sequel spirituali che l’hanno succeduto dopo il suo significativo successo in Giappone (e oltreoceano, almeno per i pochi appassionati in grado di masticare un po’ di giapponese): per la precisione il secondo, Umi no Bouken-hen, salito alla ribalta nel mondo dell’emulazione occidentale grazie alla minuziosa traduzione di Hilltop Works, resa pubblica alla fine dell’anno scorso, che ha permesso anche a chi parla soltanto l’inglese di provare per la prima volta un titolo di questa saga discretamente popolare nella sua terra natale. Saga abbastanza conservatrice, considerando che tra tutti i titoli le variazioni sono minime e consistono nella scelta dell’area del Giappone in cui Boku passerà l’agosto del ‘75, alcuni cambiamenti nei personaggi ricorrenti e nelle migliorie tecniche dovute alla console di uscita di ciascun titolo. Insomma, una saga peculiare già a partire dalla sua direzione artistica, che rimane tale anche quando si considera il tipo di gameplay che propone e che ha contribuito a renderla abbastanza unica nel suo genere.
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La copertina del videogioco. Trovo lo stile cartoon 2d del materiale promozionale adorabile.
Infatti una volta approdati nella cittadina marittima in compagnia di Yasuko, una ragazza di quattordici anni che torna a casa per le vacanze, per Boku si spalancheranno le porte di un intero mese di completa libertà: i suoi zii si assicureranno che mangi due volte al giorno e che non affoghi scandagliando i fondali marittimi, ma tutto il resto del suo tempo potrà essere speso come meglio gli aggrada. Durante l’intera giornata di Boku infatti il giocatore potrà scegliere in completa libertà quale zona della mappa esplorare, con quali personaggi interagire e in che attività impiegare il proprio tempo – attività di cui non c’è certo penuria, considerando che avrete a disposizione una canna da pesca, dell’acqua zuccherata per attrarre giganteschi scarafaggi da utilizzare nei combattimenti contro quelli dei vostri cuginetti, e l’intero fondale marittimo da esplorare alla ricerca di tesori e passaggi segreti! Senza considerare l’ingente quantità di persone che faranno avanti e indietro dalla casa dei vostri zii, che funge anche da B&B per i turisti; dal pacato turista americano Simon fino allo schivo Taniguchi, prono ad alzare il gomito anche di prima mattina. Ma sarà possibile conoscere bene anche le sorelle Yasuko e Hikari, un po’ sole e con una famiglia particolare alle spalle… Insomma, la vera domanda non è che cosa mai potrete fare per i trentun giorni di agosto in cui sarete lontani dai vostri genitori, ma se riuscirete a sfruttare al meglio tutto ciò che la città ha da offrire prima di essere costretti a tornare a casa.
Piano piano, mentre vi acclimatate alla routine della giornata tipo della vacanza estiva di Boku, scoprirete almeno un paio di cose che vi sorprenderanno assai in positivo. La prima è che Boku no Natsuyasumi non è solo una bella esperienza, ma è anche un bel gioco. Sì ok, storia e gameplay non sono elementi narrativi distinti, un gioco è un’esperienza a tutto tondo in cui ciascun singolo elemento è inestricabilmente coinvolto nella formazione del suo senso ultimo, la dissonanza ludonarrativa è vera e può farti del male ecc. ecc., ma è innegabile che chiunque sia abituato a fare del retrogaming spesso e volentieri per accedere ad una storia affascinante si debba abituare ad un’esperienza legnosa, ad un’interfaccia confusa e a delle convenzioni di gioco obsolete che possono rendere le sessioni di gioco complessive decisamente meno appassionanti di quello che potrebbero essere. Non è però il caso di Boku no Natsuyasumi, che nonostante faccia la scelta poco felice di far muovere il personaggio con una strana combinazione di tasto x per avanzare e le quattro frecce per direzionare (… sì, è fastidioso come state pensando), costruisce ciascuna attività di ciascuna giornata con la massima attenzione a renderla meno intrusiva e faticosa possibile per il giocatore. Non c’è il rischio che gli eventi diventino troppo dispersivi grazie ad un efficace guida giornaliera sugli eventi più salienti che prende forma grazie alle predizioni di Hikari, la luce ci farà sempre capire a che punto della giornata siamo e quanto tempo ci rimane, la pesca è un semplicissimo minigioco d’attesa in cui si preme un solo tasto e la maggior parte delle attività, anche in virtù della loro semplicità, sono godibili senza risultare del tutto casuali; un ottimo esempio è la lotta degli scarafaggi, determinata dalle caratteristiche degli stessi, da quanto abbiamo dosato la loro aggressività e dalla fortuna, elementi che premiano un certo coinvolgimento emotivo senza suscitare troppa frustrazione.
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Davanti al B&B degli zii di Boku, nonché un ottimo punto per tuffarsi a scandagliare il fondale in cerca di tappi di bottiglia.
Il gameplay di Boku no Natsuyasumi però ha meritato una menzione speciale solo per la sua abilità di mettersi al servizio dell’esperienza chiave del titolo, che non fa certo perno sulla complessità dei suoi sistemi. Il gioco propone un’esperienza marcatamente nostalgica, se non altro per via della minuzia con cui ricostruisce ciascuna interazione che un bambino di otto anni può avere con l’ambiente, gli adulti e i coetanei attorno a lui; esperienza ulteriormente calata in uno specifico contesto culturale di cui non mi sento di giudicare l’”accuratezza storica”, ma che di sicuro fa un ottimo lavoro nel vendere al giocatore perlomeno un’ottima illusione di come poteva essere il mese di agosto del 1975 in una cittadina marittima del Giappone. La malinconia di cui è impregnata ogni giornata di cui si ha esperienza nel gioco è ben sostenuta nella sua profondità e autenticità anche dalla complessità dei dialoghi che si hanno con gli adulti nel gioco; sebbene il paragone più ovvio che possa venire in mente dalla mia descrizione finora per questa saga possa essere Animal Crossing, il gioco non potrebbe essere più distante da quello specifico e melenso filone del cozy gaming che costruisce una fantasia zuccherosa dietro la quale si cela poca carne al fuoco nel senso narrativo del termine (conflitto, evoluzione e così via), ma si tratta chiaramente di un gioco da adulti per adulti. Nel corso dei giorni Boku potrà parlare con un anziano che si sente spaesato e inutile dopo la morte della moglie e del figlio, con una madre che fugge dai suoi figli perché si sente soffocare dal villaggio in cui è cresciuta e con un uomo che passa il tempo sulle montagne piuttosto che stare con il figlio appena quattordicenne – e ciascuno di questi incontri non ci permetterà di aprire il menù delle quest per risolvere la vita dell'NPC di turno che ci ha appena aperto il cuore, ma si risolverà in dialoghi fugaci che lasceranno il protagonista spesso confuso, e il giocatore più conscio della complessità delle dinamiche del villaggio in cui Boku è stato catapultato.
Quello che rimane al momento di salire sul traghetto del ritorno è proprio la sicurezza di aver parlato con persone con una vita più grande, misteriosa e complessa degli scorci che Boku ha visto e sentito, proprio come succedeva spesso a noi da bambini e come certamente capita anche agli adulti; e questa esperienza formativa per Boku ben si riflette nel corso delle giornate che passano, in cui il nostro protagonista imparerà a fare considerazioni un po' più complesse di prima sulle persone che lo circondano. Insomma, quello che davvero Boku no Natsuyasumi 2 è capace di regalare ad un giocatore adulto è proprio il ritorno a quella scoperta totalizzante e straordinaria che si provava sia di fronte alle scoperte provenienti dal mondo adulto che all’esplorazione della natura e dell’ambiente attorno a noi. Il mio consiglio è di provare sulla vostra pelle almeno un paio di queste giornate di agosto, per scoprire se è l’esperienza che state cercando.
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Il diario che Boku compila a fine giornata con gli avvenimenti più rilevanti è credo nella mia top ten di cose belle che ho visto quest'anno.
Summer Vacation 1999
Sarebbe l’estate più noiosa di sempre nella scuola di Kazuhiko, Naoto e Norio, visto che sono loro gli unici tre ragazzi che hanno scelto di non tornare a casa per le vacanze e invece di passare le giornate a fare i compiti al computer, a cucinare e a giocare nei campi che circondano l’edificio deserto; se non fosse che la tensione nell’aria si taglia con un coltello e ogni scusa è buona per litigare, perché pochi mesi prima l’intera scuola è stata scossa dal suicidio di Yu, un ragazzo dello stesso anno di Kazuhiko e Naoto che si è lanciato dalla scogliera a due passi dall’edificio scolastico. Norio è convinto che la causa della sua infelicità fosse Kazuhiko, che dal canto suo passa le giornate in compagnia di Naoto, l’unico ragazzo che sembra in grado di rasserenarlo e di fargli allontanare dalla mente quel tragico evento… Almeno finché alla fermata del treno non scende Kaoru, copia perfetta di Yu che si presenta come un nuovo studente che condividerà le settimane successive con i tre; e nel tentativo di comprendere che cosa si cela dietro questo ritorno fantasma, ciascuno dei tre ragazzi aprirà la porta a tutte le pulsioni inconsce che fino a quel momento erano rimaste saldamente chiuse dietro un lucchetto a diverse mandate. E sì, sto naturalmente parlando del sesso gay.
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Le uniformi hanno ovviamente lanciato una moda, e ci mancherebbe altro.
Ora che l’elefante nella stanza è stato finalmente svelato, mi pare giusto notare le due peculiarità del film che me l’hanno fatto immediatamente guardare la sera stessa in cui sono capitata sulla pagina del suo regista, Shusuke Kaneko. In primo luogo, se la trama di questo film vi sembra anche solo vagamente familiare, c’è una buona possibilità che abbiate letto Il cuore di Thomas, il manga di Moto Hagio da cui il film è liberamente ispirato; per quanto le differenze siano moltissime, dall’ambientazione fino al destino di molti personaggi, i temi trattati sono simili – fatto che non dovrebbe sorprendere nessuno che già conosce Hagio, di cui io ho letto solo l’etereo Il clan dei Poe, pioniera e maestra dei boys’ love. La seconda cosa che ha immediatamente fatto rizzare le mie antennine sensibili al bizzarro è che in questo film non c’è un solo ragazzo: ciascuno degli adolescenti è interpretato da giovani attrici, fatto che in nessun modo viene mai rimarcato all’interno della narrativa stessa ma che sicuramente dona un ulteriore fascino ad una storia che ruota attorno alle pulsioni proibite, dirompenti e totalizzanti dell’adolescenza, esasperate dalla solitudine estiva e dal quieto scorrere di giorni sempre uguali.
Purtroppo la scelta di interpreti così giovani si fa sentire: nessuna di loro era all’epoca particolarmente talentuosa nell’arte della recitazione e la mancanza di esperienza è molto evidente. Moltissime scene sono legnose, recitate da attrici che imbastiscono monologhi esitanti e spesso poco convinti, tanto che è molto facile immaginarsele con il copione in mano che cercano di mandarsi a mente il discorso che dovranno recitare di fronte ad una telecamera. Non sono una persona che soffre particolarmente attori mediocri o scadenti – altro vero marchio che sancisce la mia esclusione dalla cinefilia dura e pura – ma è innegabile che il film a tratti ne soffra parecchio; ad essere però particolarmente generosi, mi sento di notare che questa recitazione così artificiosa s’incastra piuttosto bene con il resto dell’ambiente che i personaggi navigano.
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In questa scena viene citato Demian con i suoi pulcini nel guscio, riprova del fatto che Ikuhara si sarà visto questo film più e più volte.
Infatti la scuola semideserta è costruita con grande maestria per indurre un fortissimo senso di straniamento nello spettatore, che si trova ad osservare un ambiente a volte ai limiti del plausibile e dal look plasticoso e retrofuturistico (che la pagina Wikipedia italiana insiste a definire cyberpunk). Dai monitor verdi che i quattro studenti fissano ogni mattina, digitando una serie di parole inintelligibili ad altissima velocità, presumibilmente per completare improbabili esercizi, fino agli strani giochi presenti in camera di Norio, ciascun elemento dell’ambientazione e ciascuna scelta di regia aiutano a sottolineare il carattere artificioso e favolistico dello spazio in cui i ragazzi interagiscono, come a puntare il dito sul fatto che si tratta di una storia universale, trascendente qualsiasi specificità poiché incentrata su pulsioni ed emozioni che ciascun adolescente prova nel corso della vita. L’effetto complessivo non è dissimile da quello della strana scuola che frequenta Utena, anche se l’ispirazione estetica è piuttosto diversa: un ambiente dominato dalla routine, dal lento incedere di giorni sempre uguali, che lentamente soffoca chi vive al suo interno finché qualcosa non appare a cambiare le carte in tavola.
Ed è questa cura minuziosa per l’atmosfera in cui il film ci deve immergere che mi ha fatto apprezzare Summer Vacation 1999 così tanto. Al netto delle performance meno che brillanti e di una narrazione lineare fino alla banalità che segue lo scombussolamento che Kaoru provoca nella psiche di tutti gli altri, si tratta di un film che ben cattura quelle estati topiche dell’adolescenza in cui avvengono ogni sorta di rimescolamenti emotivi, in cui ciascuna emozione è volatile, esplosiva e pronta a prendere il sopravvento; Kaneko preme a fondo il pedale sulla repressione che l’ambiente instilla in ciascuno dei ragazzi, e lo fa senza mai mostrare nessun elemento apertamente coercitivo, fatto che di certo fa onore alla sua abilità registica e che permette di mantere un filo di non detto in un film che è tutto tranne che sottile nella messa in scena dei turbamenti adolescenziali di fronte al taboo. Che ok, è il desiderio omosessuale ma anche l’attaccamento morboso, l’isolamento, la paura dell’apertura all’altro e tutta una serie di altre emozioni complicate che facilmente portano a ferire gli altri, sia in senso puramente psicologico ma anche e soprattutto in quello fisico, pericolo ben presentato nel film dalla scogliera dalla quale Yu si è buttato, che ricompare ancora e ancora nel corso delle scene fino al finale carico di tensione che la vede indubbia protagonista, in cui ogni frame di ogni inquadratura suggerisce ai quattro ragazzi un modo semplice e rapido per porre fine ai loro tormenti.
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Tutti assieme in una scena senza alcun significato allegorico legato allo strumento suonato. Boys will be boys no homo <3
Non si tratta di un film che piacerà a tutti, vuoi per l’artificiosità della messa in scena, vuoi per la recitazione poco ispirata, o vuoi perché dalla prima scena del film è tutto sommato assai semplice dipanare la matassa della narrativa e leggere in anticipo ciascun movimento di trama, come in qualunque boys’ love degli anni ottanta che si rispetti; ma se anche solo una delle cose che questo film fa bene vi ha catturato vi consiglio caldamente di prendervi una sera per guardarlo e scoprire se l’atmosfera estiva (nel senso più opprimente del termine) di questo film fa per voi.
Detto ciò, questo consiglietto giunge al termine! Anzi, consiglio a pieno titolo, vista la lunghezza – in qualche modo dovevo farmi perdonare l’assenza prolungata. Va detto che all'inizio avevo pensato di imbastire un post fatto come si deve su qualche perla del cinema coreano, ma la seduzione del clima estivo ha ben presto preso il sopravvento e mi sono ritrovata a scartabellare nei miei cassetti mentali per poter parlare di qualcosa adatto al periodo; sono convinta di aver trovato proprio le cose giuste di cui parlare e spero che queste mie essenziali considerazioni possano aver stuzzicato la curiosità di qualcuno. Adesso torno a riascoltarmi tutto Kagerou Project però.
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schizografia · 9 months ago
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[Hegel] aveva la stoffa per essere il più grande umorista tra i filosofi, pari solo a Socrate, che usava un metodo simile. […] Tuttavia aveva innato, a quanto posso capire, un certo ammiccare degli occhi, come un difetto di nascita, e se lo portò appresso fino alla morte; senza che lui stesso se ne rendesse conto, ammiccava continuamente con gli occhi, così come un altro ha un insopprimibile ballo di San Vito. Aveva un tale senso dell’umorismo che per esempio non poteva assolutamente immaginarsi una cosa come l’ordine senza il disordine. Egli si rendeva conto che proprio accanto all’ordine più perfetto si trova il più grande disordine. […] Ha negato che uno sia uguale a uno, non solo in quanto ciò che esiste si tramuta continuamente, senza sosta, in qualche altra cosa, e precisamente nel suo contrario, ma perché niente è identico a se stesso. Come a ogni umorista, gli interessavano particolarmente le trasformazioni delle cose. […] Difatti non ho mai visto un uomo privo di umorismo che capisse la dialettica di Hegel. […] [Comunque,] la migliore scuola di dialettica è l’emigrazione. I più acuti dialettici sono i fuoriusciti. Essi sono tali appunto in seguito a certi cambiamenti. Dai più piccoli indizi presagiscono[…].
Bertold Brecht
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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Sai cosa mi sarebbe piaciuto?
Leggere un libro con te.
Andarlo a scegliere insieme in libreria. Entrando insieme, per mano.
Poi liberarci come cani sciolti, a fiutare emozioni. Darci un tempo, senza tempo. Tutto il tempo necessario per tornare all’appuntamento.
Lì, accanto alla cassa, con l’espressione di vita stampata sul volto.
Noi e l’amore in mondovisione.
Sorriderci con gli occhi sapendo già quale musica mettere in auto nel viaggio verso casa. Annusare il nuovo con la consapevolezza di tutto il già letto che ci aspetta, ansioso di farci aggiungere nuovi capitoli allo spazio di un destino comune.
- Cosa hai preso? – sussurrare senza parole.
E tu lì a mostrarmi la tua scelta, poggiandola sulle mie mani, sopra il libro scelto da me per te.
Avrebbe potuto addirittura essere lo stesso. Quasi sicuramente non lo sarebbe stato. Ma avremmo potuto prenderli tutti e due e decidere quale iniziare per primo subito dopo un caffè.
E invece l’amore ci rende strani nemici.
Non c’è più spazio per leggere insieme e allora prendo un pastello e coloro le figure, quelle belle e quelle brutte, quelle che passano, si fermano, quelle che restano ombre, quelle che si dissolvono asciugate dalle differenze.
Ti disegnerei i bordi come un cartone animato, entrerei nel libro dopo averti disegnata, ma non a modo mio, non per cambiarti, ti disegnerei così come sei.
Tu mi diresti che non sei così, non ci rassegniamo mai con facilità ai piccoli difetti dell’anima.
La crediamo perfetta ma non lo è perché è nostra e noi non lo siamo.
E mentre agosto si fa settembre troppo in fretta, mi accorgo che stranamente quest’anno non mi dispiace poi tanto.
Questo svela la sottile insoddisfazione, le impalpabili malinconie, il desiderio di sovvertire il “beltempo” dell’inadeguatezza verso un autunno sereno.
Guardandoti ho pensato che son nato per perderti.
Ho lasciato i miei sogni nel sogno.
Cambio rigo ma ancora ti scorgo.
Mi piacerebbe scordare chi eravamo per rincontrarci come siamo.
E tu cercami in trentaquattro anni di cassetti, in mezzo ai cambiamenti, per accorgerti che mi hanno reso uguale.
E poi richiudimi che forse non è più tempo per le favole.
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Massimo Bisotti
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